Appunti di altri tempi e ricordi di Gilda Veccia
Nella mia infanzia attendevo le domeniche con particolare ansietà per due avvenimenti che si verificavano in quel giorno. Nei primi decenni del secolo , la domenica, dai paesi limitrofi, venivano a Caserta, nel centro città, le berline o le carrozze larghe trainate da due bellissimi cavalli.
A bordo o giovani sposi che effettuavano la tradizionale “uscita” dopo otto giorni dalle loro nozze accompagnati dai compari di nozze, oppure i cresimandi che, con i rispettivi compari, si recavano alla sede arcivescovile per la cresima.
Quelle carrozze aperte lucidate a festa, quel maestoso galoppare dei cavalli sul selciato e soprattutto le toilette di quei personaggi colpivano ed estasiavano molto la mia fantasia di bambina. Le donne vestite in broccato o pizzo quasi tutte in nero o azzurro cupo con delle pettinature architettoniche tutte fascia e biglionè (o bigodì) che oggi farebbero invidia ai migliori parrucchieri, e i guanti lunghi di merletto con tanti anelli e collane al collo e spilli per esser ornate dei più belli gioielli, anche se modesti, che possedevano.
Erano donne, per lo più popolane, quasi tutte belle, di quella bellezza naturale, statutaria delle donne della Campania e vestite così bene che sembravano, a me bambina, delle vere principesse…
Gli uomini in nero, con sparato bianco, cappello duro sulle ginocchia: e mi colpiva anche la loro espressione seria, dignitosa, tutti compresi del rito maestoso che essi compivano.
Era uno spettacolo, sì uno spettacolo bellissimo.
L’altro avvenimento era la visita di zio Ciccio a casa nostra, nelle prime ore della domenica.
Zio Ciccio, fratello di mio nonno, era maestro di musica, compositore di musica sacra. La figura eretta, il bel viso attorniato da una folta capigliatura bianca colore della neve sulla fronte spaziosa.
Lo scopo della sua visita era di rilevare mio padre per uscire insieme.
Mio padre aveva ereditato da un avo, monaco, il nome Bartolomeo ed un flauto, che aveva imparato a suonare con molta passione e venerazione. A quel tempo le funzioni sacre nelle Chiese erano accompagnate quasi sempre da musiche di orchestrali e zio Ciccio aveva una sua orchestrina che riuniva in queste occasioni e della quale faceva parte anche mio padre con il suo flauto.
Mio zio arrivava a Caserta con la corriera da San Leucio, villaggio distante pochi chilometri, un bellissimo gioiello situato in collina, una volta tenuta di caccia dei Borboni e dopo diventato villaggio industriale. Vi si lavorava la seta e si sentiva, nella quiete del borgo, il caratteristico rumore dei telai che albergavano in ogni casetta di quegli abitanti.
Nella casa di Zio Ciccio il salotto era tutto tappezzato di tappeti e di damaschi di produzione locale e, al centro, il pianoforte di mezza coda. Viveva con due adorabili donnine: la moglie e la sorella di questa, che si muovevano per casa come due libellule, bassine con i loro vestiti lunghissimi quasi sempre in seta pesante dai colori dell’arcobaleno e, con i capo, o dei quadratini di pizzo o dei nastri. Dalle loro personcine sempre ben curate e dalla loro fine educazione si vedeva che appartenevano, per nascita, a famiglie dell’alta borghesia casertana.
Allietava ancora la casa un gradito cinguettio di cinque bambini ..tre femmine e due maschi. Le prime adibite a studi superficiali impartiti in casa come allora si usava nonché alla musica, i secondi avviati poi alla carriera militare.
L’arrivo di zio Ciccio metteva tutta la casa in allegria perché lui era felice e infondeva negli altri la sua felicità. Più tardi ho capito il perché: egli amava la musica senza condizioni, il successo non lo interessava, amava comporla, eseguirla.
Egli componeva, in particolare, musica religiosa ma non si era mai sognato di pubblicarla.. allora non c’erano molte ambizioni di apparire…. Ed esisteva un grande dilettantismo, purtroppo, dimenticato. Lui la componeva per sé stesso ed era pago quando gli si offriva l’occasione di poterla suonare proprio nel luogo destinato e come se lui avesse portato personalmente al Signore il devoto omaggio delle sue melodie. Una volta fu suonata una sua Messa da Requiem in occasione dei funerali a Diaz che si svolsero nella Cappella Reale della Reggia di Caserta. Ci fu grande affluenza di pubblico ed il giudizio di tutti e dei critici fu veramente lusinghiero.
Una domenica egli arrivò a casa più raggiante del solito: il guidatore della corriera aveva aggiunto un altro cavallo alla sgangherata corriera e così avevano sobbalzato di meno ed erano avviati più presto.
Ricordo questa domenica specialmente anche per una altro avvenimento, l’avvento di Mussolini al potere. Mio padre accolse zio Ciccio con questa frase “questo è l’uomo che ci voleva!” e zio Ciccio di rimando “Credi? Io non ci sarò più ma vedrete questo maestrucolo ambizioso dove vi porterà”.
Anche mio padre dopo qualche anno dovette ricredersi e si vantava sempre di non aver mai preso la tessera fascista …. E questa sua ostilità gli costò molto.
Da allora zio Ciccio restò nel suo che era quello delle gesta dei garibaldini, del rispetto della patria e delle cose belle, per dedicarsi alla musica che rimase, fino all’ultimo, l’unico suo grande, vero, immenso amore.